Parliamo di assegni di mantenimento e di rivalutazione ISTAT, una regola automatica prevista dalla legge, che viene riportata anche nelle condizioni di separazione e di divorzio, ma spesso non compresa completamente, ignorata e dimenticata.
La questione riguarda tutti i casi in cui sono previsti assegni di mantenimento, a favore dei figli (minorenni o maggiorenni non ancora autonomi economicamente) o a favore del coniuge più debole.
In questo articolo facciamo un po’ di chiarezza sugli aspetti fondamentali.

Che cos’è la rivalutazione istat?
La Rivalutazione ISTAT è un meccanismo di adeguamento automatico e annuale dell’importo mensile dell’assegno di mantenimento all’aumento o diminuzione del costo medio della vita.
Lo scopo dell’adeguamento ISTAT è quello di preservare il potere d’acquisto dall’inevitabile svalutazione monetaria.
Per quanto riguarda gli assegni di mantenimento, la rivalutazione rappresenta uno strumento essenziale per garantire equità ed adeguamento alle mutevoli condizioni economiche.
Del resto questo è in armonia con la funzione a cui assolvono le previsioni di mantenimento: garantire ai soggetti più deboli della separazione condizioni economiche idonee che altrimenti verrebbero compromesse a seguito del venir meno della comunione di vita. L’adeguamento ISTAT consente di rispettare questo assetto anche con il passare del tempo.
Questi sono i principi generali, ma ora vediamo in concreto quali sono le tematiche rilevanti da considerare in materia di rivalutazione dell’assegno di mantenimento.
Come funziona la rivalutazione ISTAT nella separazione – Assegni di mantenimento – I 5 aspetti da considerare
Sembra un tema semplice e di una certa ovvietà, eppure nella maggior parte dei casi concreti la rivalutazione ISTAT è una perfetta sconosciuta, spesso dimenticata, come se fosse una clausola di stile, quasi invisibile, inghiottita nelle pieghe delle condizioni di separazione.
Oggi la portiamo alla luce in tutti i suoi aspetti per evitare conseguenze spiacevoli e gravose.
Dove si trova la previsionI
Normalmente l’obbligo di rivalutazione dell’assegno di mantenimento, per i figli o per il coniuge, si trova esplicitamente all’interno delle condizioni di separazione nel punto dedicato alle previsioni economiche.
Se la separazione è avvenuta nella forma giudiziale, trovi la clausola nella sentenza che ha concluso il giudizio.
Se la separazione è avvenuta consensualmente, trovi la clausola all’interno dell’accordo di separazione siglato.
Per fare un esempio, potrai trovare una previsione di questo tipo:
“A titolo di contributo al mantenimento del/dei figli* (o dell’ex, n.d.r.) il sig. Tizio corrisponderà alla signora Caia, mediante bonifico bancario in via anticipata entro il giorno 5 di ogni mese l’importo complessivo di Euro …. da versare sul cc a lei intestato avente la seguente coordinata IBAN…Tale importo sarà annualmente rivalutabile secondo gli indici Istat a partire dall’anno successivo alla sottoscrizione dell’accordo”.
E se le parti o il Giudice dimenticano di inserirla?
La rivalutazione ISTAT ai sensi dell’art. 10 della Legge 6 marzo 1987 n. 74 è obbligatoria per legge e, per questo motivo, va inserita espressamente anche nelle condizioni di separazione, ma se qualcuno se ne dimentica, di fatto non cambia nulla: l’obbligo sussiste comunque.
A questo proposito, la Corte di Cassazione ha, infatti, precisato che l’adeguamento dell’assegno va considerato come principio implicito volto a preservare la funzione assistenziale dell’assegno stesso, anche in assenza di una specifica indicazione.
Pertanto, in assenza di una previsione esplicita, è ragionevole ritenere che l’assegno di mantenimento possa essere soggetto a revisione periodica in funzione dell’inflazione per evitare che perda il suo potere di acquisto e quindi la sua capacità di garantire un adeguato sostegno economico.
La nullità dell’accordo di rinunciA
Posto che la rivalutazione ISTAT è dovuta per legge e matura in ogni caso anche se non viene pattuito nulla al riguardo, la logica conseguenza è quella secondo cui l’obbligo non viene meno neanche in caso di rinuncia espressa in sede di separazione.
Un eventuale accordo in questi termini sarebbe nullo senza remissione di peccati.
L’unica rinuncia possibile è quella di fatto, rimessa al libero arbitrio comportamentale delle parti interessate, che, per dimenticanza o indifferenza, non fanno mai valere il diritto.
E questa, come vedremo, è una situazione piuttosto tipica.
La dimenticanza – quando nessuno se ne ricordA
Chiarito che normalmente la clausola di rivalutazione ISTAT degli assegni di mantenimento è prevista nero su bianco nelle condizioni di separazione e che comunque è un obbligo di legge, la tendenza frequente è questa: spesso finisce nel dimenticatoio.
E così accade che:
- il soggetto obbligato (nella maggior parte il marito) continua a versare l’assegno di mantenimento
nella misura originaria, senza corrispondere la maggiorazione che l’adeguamento ISTAT
comporterebbe. - il soggetto beneficiario (nella maggior parte dei casi la moglie) dell’assegno, per sé o per i figli,
non ci fa caso e non dice nulla, almeno fino a quando non succede qualcosa.
Succede spesso che i coniugi si trovano a ridiscutere i termini dell’accordo iniziale, perché la situazione è cambiata e non necessariamente si tratta di questioni di tipo economico, ma l’effetto è lo stesso: salta agli occhi la rivalutazione ISTAT dimenticata.
Et voilà!!
La richiesta degli arretrati dell’adeguamento esce improvvisamente fuori dal cilindro. Vediamo al prossimo punto come funziona.

Gli arretratI
Dimenticanza o no, la rivalutazione ISTAT sull’assegno di mantenimento è dovuta, quindi, nel momento in cui si sveglia il ricordo, ritorna in vita anche l’obbligo con tutti i suoi effetti a cui non è possibile sottrarsi.
La richiesta di arretrati è quindi una richiesta legittima.
Normalmente si tratta di qualche migliaio di euro da dover versare, perché di solito la richiesta viene formulata, quando la separazione è avvenuta da un bel po’ di tempo e il tempo matura denaro.
Che cosa può succedere in concreto se non paghi?
A questo proposito è importante sapere che l’accordo consensuale e la sentenza di separazione contenente le previsioni economiche con la clausola di rivalutazione ISTAT sono titoli esecutivi.
Questo significa che chi intende recuperare gli arretrati non deve scomodare di nuovo il giudice, per sentir riconoscere il diritto e avere una pronuncia di condanna al pagamento. Ha già un titolo in mano valido per avviare direttamente la procedura esecutiva.
Nella normalità delle ipotesi, la richiesta viene formulata dapprima con una diffida (una lettera formale con cui ti viene richiesto il pagamento entro un certo termine), ma se viene ignorata il passaggio successivo è quello più gravoso, perché si procede con l’atto di precetto, che è propedeutico all’avvio del recupero forzato del credito.
Ultima precisazione sul punto: il mancato pagamento dell’adeguamento ISTAT, a differenza del mancato pagamento dell’importo stabilito per il mantenimento, non comporta conseguenze di natura penale per violazione degli obblighi di assistenza familiare, salvo al limite .
Il rischio è, dunque, circoscritto all’azione civile di esecuzione forzata per il recupero del credito.
La prescrizione e i limiti degli arretrati
Se è vero che la richiesta di arretrati della rivalutazione ISTAT dell’assegno di mantenimento è perfettamente legittima, indipendentemente dalla dimenticanza per lunghi periodi, è altrettanto vero che esistono dei limiti.
E qui entra in gioco la prescrizione.
Parliamoci chiaro: la richiesta a ritroso certamente non può essere illimitata nel tempo!
E la prescrizione rappresenta proprio quel confine: il termine entro il quale un diritto può essere fatto valere giudizialmente.
Nel caso specifico dell’adeguamento ISTAT dell’assegno di mantenimento si tratta di 5 anni.
Ciò significa che il beneficiario ha un periodo massimo di cinque anni, dalla data in cui l’adeguamento sarebbe dovuto intervenire, per richiedere gli arretrati non pagati.
Superato tale termine non sarà più possibile reclamare la differenza non percepita a causa del mancato adeguamento.
La prescrizione non influisce ovviamente sul diritto attuale ad avere il pagamento dell’assegno rivalutato.
Per consolidato orientamento giurisprudenziale la prescrizione decorre dalle singole scadenze di ciascun pagamento e non dall’anno di sottoscrizione dell’accordo o di pubblicazione della sentenza.
Calcolo e decorrenza dellA RIVALUTAZIONE ISTAT
La rivalutazione degli assegni di mantenimento si basa sull’applicazione di specifici indici che misurano l’andamento dei prezzi al consumo per le famiglie ed impiegati, noti come ISTAT (Istituto Nazionale di Statistica).
Questi indici sono pubblicati periodicamente e servono a riflettere le variazioni del costo della vita, permettendo così di aggiornare l’importo dell’assegno in modo che conservi il suo valore effettivo nel tempo.
L’adeguamento ISTAT è dovuto a partire dall’anno successivo alla sottoscrizione dell’accordo o alla pubblicazione della sentenza a meno che, in quest’ultimo caso, il Giudice stabilisca espressamente una decorrenza diversa.
Quindi, per fare un esempio, se la separazione consensuale risale a maggio 2023, la rivalutazione dell’assegno di mantenimento è dovuto a partire da maggio 2024.
Il calcolo normalmente viene effettuato mediante apposito programma rintracciabile proprio sul sito dell’Istituto di Statistica.
L’indice di rivalutazione negativo: Che cosa accade in caso di diminuzione del costo della vita? Che cosa succede all’assegno di mantenimento dovuto al coniuge o ai figli?
Può essere diminuito?
Come regola generale non è assolutamente possibile ridurre il contributo al mantenimento stabilito in accordo o in sentenza, con alcune precisazioni:
– se, nonostante l’indice ISTAT registri segno negativo, l’importo dell’assegno risultante dall’applicazione degli indici, risulta comunque superiore a quello stabilito dal Giudice o dalle condizioni consensuali, allora si può calcolare la riduzione;
– se però la deflazione porta ad una diminuzione della somma originaria contenuta nelle condizioni di separazione, non essendo consentita un’autoriduzione della cifra stabilita, il coniuge obbligato dovrà corrispondere comunque un importo uguale a quello originario, come da ultimo rivalutato finché l’indice è stato positivo.
In altri termini, se l’indice dei prezzi al consumo per le famiglie registra segno negativo, la riduzione potrà essere applicata solo se non incide sull’importo base stabilito in sede di separazione o divorzio.
Diversamente, l’assegno di mantenimento non potrà essere ridotto e dovrà rimanere inalterato.